Detestava buona parte della propria vita, senza rinnegarne nulla. Ma voleva evitare che qualcuno commettesse i suoi stessi errori. E, soprattutto, che suonasse la sua stessa musica. In fondo, semplicemente, non voleva che esistesse un altro Chet. Così credeva, almeno; prima di incontrare suo figlio…
Uno spettacolo che mescola verità storica e finzione.
In una sorta di flashback estremo, articolato secondo una sequenza di ricordi, il racconto prova a far rivivere il più romantico tra gli eroi della tromba.
Non lo fa curiosando morbosamente tra fatti e misfatti di droga, ma inseguendo, delicatamente, il rapporto – vero o finto, poco importa – di un padre, fragile e geniale, con il proprio figlio. Un rapporto fatto di incomprensione e paura, ma anche di amore infinito per la vita e per la musica.
Che potrebbero essere, poi, la stessa cosa.
Nel corso del racconto teatrale, la voce narrante si intreccia con le note di molti classici appartenuti a Chet Baker (My funny Valentine, Let’s get lost, Don’t explain, I fall in love too easily, Arrivederci, Estate…) qui riarrangiati ed eseguiti, rispettosamente e in versione strumentale, da Francesco Scelzo e Enrico Valanzuolo.
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